a cura di Giuliana Altea e Antonella Camarda
Museo Nivola, Orani
Nel 2016, centenario della nascita di Salvatore Fancello (Dorgali, Nuoro 1916 – Bregu Rapit, Albania, 1941), diverse mostre sono state organizzate per ricordare il brillante ceramista e disegnatore che, pur morendo a soli 24 anni, ha lasciato una traccia indelebile nella storia dell’arte italiana del Novecento.
Il Museo Nivola, dedicato all’artista che più di ogni altro fu vicino a Fancello, il suo amico e compagno di studi Costantino Nivola, non poteva mancare all’appello, e lo ha fatto ripercorrendo l’itinerario di Fancello dagli studi all’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Monza (ISIA) alla precoce scomparsa sul fronte albanese. Nivola avrebbe sempre ricordato intensamente l’amico scomparso, giungendo fino a inserire nella sua ultima opera, la decorazione del Palazzo del Consiglio Regionale di Cagliari, la riproduzione a graffito di un disegno di Fancello.
La mostra rende omaggio alla loro amicizia.
La mostra
Fulcro ideale della rassegna è il grande pannello con scene allegoriche realizzato a quattro mani da Fancello e Nivola nel 1937, un’opera che richiama la stretta amicizia e il sodalizio artistico che legavano gli autori. Nel dipinto, da cui traspare l’interesse per l’École de Paris e per il Surrealismo, la sintonia tra i due artisti è tale che diventa quasi impossibile distinguere l’intervento di Fancello da quello di Nivola.
La vicenda di Fancello si svolse all’interno della cerchia di artisti e architetti che ruotava intorno alle Triennali, alla redazione di Casabella e all’Ufficio Pubblicità Olivetti, nel clima di tensione ideale e di critica nei confronti del fascismo che caratterizzava il razionalismo milanese. La sua opera, di sorprendente originalità e qualità formale, rispecchia la lezione di semplicità, onestà e libertà creativa trasmessagli da Edoardo Persico e Giuseppe Pagano, protagonisti della cultura italiana più avanzata del momento e schierati – sulle pagine della rivista Casabella da loro diretta – a favore del moderno contro il monumentalismo e la retorica del regime.
L’allestimento della mostra di Orani, a firma di Alessandro Floris, si richiama a questo contesto culturale, riprendendo lo schema a griglia tipico dell’architettura razionalista milanese degli anni Trenta. Ceramiche, disegni, foto e testi sono inseriti in una struttura di piani e montanti ortogonali ispirata ai celebri allestimenti delle Triennali tra le due guerre realizzati da progettisti come Persico, Albini e i BBPR.
La mostra – allestita nel primo padiglione del museo, l’ex lavatoio di Orani, alla presenza simbolica di una delle Madri in marmo di Nivola – è divisa in tre sezioni: Il segno e la materia, Metamorfosi e La forma inquieta. Dato il brevissimo arco temporale coperto dalla carriera di Fancello (dal 1930, anno in cui si iscrisse all’ISIA alla morte nel 1941, ma in realtà molto meno se si escludono la prima fase scolastica e gli anni di servizio militare), le sezioni, pur seguendo un ordinamento cronologico di massima, non scandiscono in modo rigido il percorso dell’artista, ma piuttosto evidenziano il prevalere di aspetti e soluzioni di volta in volta diversi.
ll segno e la materia documenta attraverso terracotte e schizzi per ceramiche la fase formativa di Fancello, svoltasi nelle aule dell’ISIA sotto la guida tecnica di artisti come Ugo Zovetti e Umberto Zimelli e alla luce dell’insegnamento di Persico e Pagano. Metamorfosi mette l’accento su un versante dell’opera di Fancello che emerge pienamente subito dopo la conclusione degli studi, la sua tendenza a far trapassare l’una nell’altra forme e figure, creando immagini fantastiche, ibride tra regno animale, vegetale e minerale. La forma inquieta si incentra sulla fase finale dell’evoluzione dell’artista, culminata nell’esperienza svolta nel 1938 ad Albissola presso il laboratorio di ceramica di Tullio Mazzotti e a contatto con un altro artista che fece della ceramica un uso fortemente innovativo, Lucio Fontana. In questa fase, le superfici mosse e fermentanti, il dinamismo della composizione, l’uso frequente dei lustri metallici che sembrano distruggere la forma in un gioco di riflessi creano immagini visionarie, di potente originalità, e che segnano traguardo di un percorso destinato a interrompersi di lì a poco tragicamente.
La tensione esistenziale e il fervore neoromantico di Fancello, esplorati nella rassegna, si pongono in contrappunto al neoclassicismo che è al centro dell’altra mostra allestita contemporaneamente dal museo, Il mito quotidiano. Arte italiana del Novecento dalla collezione Tilocca. Affiancando le due mostre il Museo Nivola ha voluto contrapporre due aspetti diversi e contrastanti della cultura italiana novecentesca: classico e romantico, forma chiusa e forma aperta, staticità e dinamismo, fascino del mito e esperienza del vissuto.