a cura di Giuliana Altea e Antonella Camarda
Museo Nivola, Orani
Atmosfere incantate e sospese, figure immobili e bloccate, immagini fuori dal tempo, cariche di rimandi al passato classico e al tempo stesso evocative del presente, della normalità del quotidiano: sono questi i caratteri che definiscono una linea ben precisa dell’arte italiana tra le due guerre, su cui si incentra la mostra Il mito quotidiano al Museo Nivola.
A un anno dalla sua scomparsa, la rassegna rende omaggio ad Angelo Tilocca (1952-2015), figura di rilievo in Sardegna nel quadro della cultura, dell’arte e del sociale, presentando una scelta di opere della sua collezione, dedicata all’arte italiana tra gli anni Venti e gli anni Quaranta.
La mostra porta al Museo Nivola opere di protagonisti assoluti del periodo tra le due guerre, da Giorgio De Chirico a Felice Casorati, da Mario Sironi a Massimo Campigli, da Arturo Martini a Giacomo Manzù, e insieme offre l’occasione per riscoprire figure rare ed eccentriche come Luigi Trifoglio, Bruno Croatto o Benvenuto Ferrazzi.
Il sogno di una moderna classicità – teorizzata da Margherita Sarfatti, animatrice del gruppo di Novecento e critica di punta di quella stagione – prende forma nella mostra attraverso sculture, quadri e disegni. Il tema ricorrente del mito è rispecchiato da grandi statue come La musa Polimnia di Melotti, esposta nel 1943 alla Quadriennale, che rivisita in forme sintetiche iconografie dell’arte romana, da dipinti come Il flautista di Alessandro Monteleone, col suonatore seduto su un frammento di architettura antica, da ceramiche come Il suicidio della donna romantica di Martini, splendente di lustri dorati. Un clima attonito e stupefatto aleggia anche ne L’anatomista di Trifoglio, sorta di allegoria della pittura analitica e oggettiva del realismo magico, nei nudi statici e rarefatti di Casorati, Campigli e Tozzi, e – nonostante tutto -anche in quello malizioso di Paulo Ghiglia.
Gli stessi caratteri si insinuano in un genere apparentemente casalingo e borghese come il ritratto, che costituisce uno degli assi portanti della mostra. Ai volumi torniti e levigati della Signora in nero di Trombadori si affiancano il viso consunto della Cesarina Gualino di Manzù (quasi una maschera mortuaria che proietta in una dimensione atemporale i tratti di un’artista e mecenate tra le più in vista degli anni tra le due guerre) e quello sensibile e inquieto del Massimo Bontempelli di De Chirico.
Al di là delle citazioni rinascimentali e dei prelievi dall’arte classica si coglie da un lato un’esigenza di sintesi – eredità delle avanguardie di inizio secolo -, dall’altro un’aderenza al dato reale che avvicina i personaggi allo spettatore, che si tratti di figure ignote, di protagonisti della cultura italiana del periodo o degli stessi artisti in autoritratti come quelli di Funi, Oppi, Cagnaccio di San Pietro e Ferruccio Ferrazzi.
La linea “classicista” esplorata da Il mito quotidiano si svolge in contrappunto al neoromanticismo e ai fermenti esistenziali rispecchiati dall’altra rassegna contemporaneamente allestita dal museo, Salvatore Fancello. La forma inquieta. Affiancando le due mostre il Museo Nivola ha voluto contrapporre due aspetti diversi e contrastanti della cultura italiana novecentesca: classico e romantico, forma chiusa e forma aperta, staticità e dinamismo, fascino del mito e esperienza del vissuto.
ARTISTI
Giuseppe Assenza, Elica Balla, Mirko Basaldella, Domenico Buratti, Cagnaccio di San Pietro, Massimo Campigli, Carmelo Cappello, Felice Casorati, Emanuele Cavalli, Gisberto Ceracchini, Bruno Croatto, Arturo Dazzi, Giorgio de Chirico, Francesco Di Cocco, Ercole Drei, Benvenuto Ferrazzi, Ferruccio Ferrazzi, Achille Funi, Paulo Ghiglia, Emilio Greco, Italo Griselli, Leoncillo Leonardi, Carlo Levi, Giacomo Manzù, Arturo Martini, Pietro Melandri, Fausto Melotti, Alessandro Monteleone, Mario Moschi, Ubaldo Oppi, Cipriano Efisio Oppo, Argio Orell, Gio Ponti, Carlo Sbisà, Gino Severini, Mario Sironi, Dyalma Stultus, Mario Tozzi, Luigi Trifoglio, Francesco Trombadori, Fernando Troso.