IL POPOLO DELLE DONNE di Yuri Ancarani
Museo Nivola, sabato 13 aprile ore 17:00
Yuri Ancarani in sala, con il supporto di Fipe-Confcommercio Sud Sardegna, Ccn Corso Vittorio Emanuele, MOS Sassari e in collaborazione con Csc Carbonia della Società Umanitaria, Circolo Arci La Gabbianella Fortunata e Ucca – Unione Circoli Cinematografici Arci. Ingresso gratuito
Dopo il grande successo delle prime 15 date, prosegue il tour del film che raccoglie la testimonianza di Marina Valcarenghi sul rapporto tra l’aumento della violenza maschile nei confronti delle donne e la perdurante insicurezza femminile
Grande successo per il debutto al cinema de IL POPOLO DELLE DONNE di Yuri Ancarani (Ravenna, 1972) e per il tour che ha visto il regista, e in alcuni casi anche la protagonista, la dottoressa Marina Valcarenghi, incontrare il pubblico nelle sale per introdurre la visione di questo potente documentario sulla società contemporanea e la violenza di genere.
Presentato nell’ambito della XX edizione delle Giornate degli Autori nella sezione Proiezioni Speciali / Incontri con gli autori, in occasione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2023, IL POPOLO DELLE DONNE (60’, Italia, 2023) è prodotto da Dugong Films, in collaborazione con il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea e ACACIA – Associazione Amici Arte Contemporanea Italiana, e distribuito da Barz and Hippo.
IL POPOLO DELLE DONNE evidenzia per la prima volta il rapporto fra la crescente affermazione sociale delle donne e l’aumento della violenza sessuale maschile, fenomeni che nel corso del film vengono descritti come direttamente proporzionali. Quanto più il mondo delle donne, ancora inevitabilmente insicuro, viene tuttavia alla ribalta, tanto più si acuisce la violenza insofferente di una parte del mondo maschile. Un fenomeno opposto a quanto generalmente si supponeva anche in ambito scientifico.
Protagonista del film documentario è la dottoressa Marina Valcarenghi, psicoterapeuta e psicoanalista, con un passato nel giornalismo, nella politica durante gli anni Sessanta e Settanta, e con quarantacinque anni di lavoro clinico alle spalle. Da quest’ultima esperienza, ancora in corso, Valcarenghi ha potuto osservare come l’insicurezza femminile sopravviva, nonostante la progressiva conquista di autonomia economica e sociale, e comprenderne i motivi. Per prima ha introdotto la psicoanalisi in carcere, nei penitenziari di Opera e di Bollate, lavorando per dodici anni nei reparti di isolamento maschile con detenuti in gran parte condannati per reati di violenza sessuale. Sull’argomento, Marina Valcarenghi ha scritto due volumi: Ho paura di me – il comportamento sessuale violento (B. Mondadori 2009) e l’insicurezza (B. Mondadori 2005).
La collaborazione tra l’artista Yuri Ancarani e la dott.ssa Marina Valcarenghi nasce in occasione della realizzazione di Atlantide (2021, 104’), presentato al Festival Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 2021, nella sezione Orizzonti. Il film-documentario realizzato da Yuri Ancarani è dedicato agli adolescenti del territorio veneziano e, in virtù della delicatezza di questo tema, ha previsto il supporto di professionisti della psicanalisi, per comprendere il mondo delle ragazze e dei ragazzi e le loro dinamiche di gruppo. In questa cornice è avvenuto l’incontro con Marina
Valcarenghi e ha preso corpo l’idea di costruire un film che non fosse dedicato a un luogo, come accade nella produzione del regista ravennate, ma a un tema urgente, endemico della società italiana.
Come per Atlantide che aveva visto la partecipazione del rapper e producer Sick Luke, anche la colonna sonora di IL POPOLO DELLE DONNE porta la firma di uno dei più interessanti talenti della scena musicale contemporanea italiana: la compositrice e musicista Caterina Barbieri.
Ne IL POPOLO DELLE DONNE Marina Valcarenghi tiene una lectio magistralis nel cortile della Legnaia dell’Università degli Studi di Milano, documentata in presa diretta, mentre un gruppo di studenti prepara gli striscioni per una manifestazione.
La protagonista siede in cattedra, appare calma, la sua immagine è raccolta da tre angolazioni differenti e progressivamente l’obiettivo passa dal mezzo busto al suo sguardo. Gli unici elementi che entrano nella composizione sono fogli di carta con gli appunti, una bottiglia e un orologio da polso. In alcuni momenti, l’inquadratura si apre accogliendo anche gli studenti che circondano la protagonista in un vero e proprio incontro generazionale.
La voce di Marina Valcarenghi, con le pause del suo discorso, scandisce il ritmo del film. Le sue parole ripercorrono stralci di testimonianze di uomini violenti, raccolte nei tribunali, nel corso di colloqui in carcere o durante le sedute presso il suo studio. Riflessioni sulle dinamiche relazionali degli ultimi trent’anni della storia italiana si mescolano a ricordi legati al lavoro di analisi, facendo emergere le paure della società legate alla dicotomia tra donna e uomo e lo sfociare di violenze private, fisiche e verbali.
Il titolo del film deriva proprio da alcuni passaggi del monologo e rappresenta un pensiero rivoluzionario che auspica un giorno “il popolo” femminile possa sentirsi parte di un’unica grande comunità, accomunata da istanze condivise e da battaglie da intraprendere in una dimensione collettiva. Conclusione ideale di questo incontro è il corteo che incede per le strade di Milano, composto dagli studenti osservati nelle scene precedenti che brandiscono un lungo striscione con la scritta “Il popolo delle donne”.
IL POPOLO DELLE DONNE prende i tratti di un documentario sulla società contemporanea, in bilico tra costruzione filmica e presa diretta, cifra stilistica dell’opera di Yuri Ancarani in cui bellezza e realtà si confondono, conferendo forma a una visione poetica e radicale.
Yuri Ancarani (Ravenna, 1972) è un video artista e film-maker italiano. Le sue opere nascono da una continua commistione fra cinema documentario e arte contemporanea e sono il risultato di una ricerca spesso tesa ad esplorare regioni poco visibili del quotidiano, realtà in cui l’artista si addentra in prima persona. I suoi lavori sono stati presentati in numerose mostre e musei nazionali e internazionali, tra cui: PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano; MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna; Kunstverein Hannover (Germania); Castello di Rivoli (Rivoli Torino, Italia); Manifesta 12 (Palermo, Italia); Kunsthalle Basel (Basilea, Svizzera); 55° Biennale di Venezia; CAC Centre d’Art Contemporain Genève (Ginevra, Svizzera); Centre Pompidou (Parigi, Francia), Hammer Museum (Los Angeles, USA); Palais de Tokyo (Parigi, Francia). I suoi film sono stati in numerosi Festival, tra i quali: Locarno Film Festival (Locarno, Svizzera); Viennale (Vienna, Austria); 67° e 68° Festival del Cinema di Venezia (La Biennale di Venezia, Italia); IFFR International Film Festival Rotterdam (Rotterdam, Olanda); 23° IDFA International Documentary Film Festival Amsterdam (Amsterdam, Olanda). Ha inoltre ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui: “Premio speciale della giuria CINÉ+” Cineasti del presente, 69° Locarno Film Festival (Locarno, Svizzera); cinque nominations ai Cinema Eye Honors, Museum of Moving Image (New York, USA); “Grand Prix in Lab Competition”, Clermont Ferrand Film Festival (Clermont Ferrand, Francia). Nel 2022 è stato finalista per il miglior documentario ai David di Donatello.
Marina Valcarenghi è una giornalista, attivista, psicoterapeuta e psicanalista. La riflessione sulla violenza attraversa tutte le stagioni della vita e dell’impegno di Marina Valcarenghi. Figlia di Aldo, eroe della Resistenza deportato a Mauthausen e Gusen, si laurea in giurisprudenza e tra il 1960 e il 1980 partecipa attivamente alla vita politica italiana ed europea come militante, studiosa, scrittrice e giornalista. Sono gli anni in cui dirige il mensile Re Nudo, e scrive regolarmente su quotidiani e riviste a diffusione nazionale, tra cui il manifesto, l’Espresso, la Repubblica, Alfabeta e Vie Nuove. Al suo libro/inchiesta I manicomi criminali (Mazzotta 1975) segue un processo con le condanne a pene detentive dei direttori di Aversa e Montelupo Fiorentino: il primo passo verso la definitiva chiusura di tutti i manicomi giudiziari. È poi allieva di Dieter Baumann Jung a Zurigo, e diventa psicoanalista nel 1979. È stata la prima, e finora l’unica, a lavorare con la psicoanalisi in prigione, per 12 anni, nei reparti di isolamento maschile dei penitenziari di Opera e di Bollate, in autonomia di fronte all’istituzione e nel rispetto del segreto professionale. Nessun caso di recidiva segnalata dopo la liberazione. Ha raccolto una parte di questa esperienza in Ho paura di me – il comportamento sessuale violento (B. Mondadori 2007). Ha fondato e diretto una scuola di specialità in psicoterapia a Milano, e un’associazione per lo studio e la psicoterapia della violenza. Ha scritto 15 libri di psicoanalisi pubblicati per Mondadori, Rizzoli, Moretti & Vitali, alcuni libri di fiabe e un giallo.
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